Federica Mormando

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Mi è difficile tracciare un curriculum perché nel corso della vita non ho preso nota delle tante cose fatte, come si deve fare per stilare un cv completo. Si dice che i creativi “vanno avanti”…

Quindi qui scrivo ciò che ricordo. Dopo il liceo classico, si imponeva la scelta di facoltà. Indecisa tra fisica, filosofia, medicina, scelsi medicina. Mi pareva vicina alla vita vera più delle altre due facoltà. Volevo capire il sì e il no alla vita. Volevo conoscere la mente umana. Quindi, psichiatria e, soprattuto, psicoterapia. Laurea, specialità, iscrizione all’albo degli psicoterapeuti adleriani. Scuola adleriana: perché estremamente concreta, attenta a tutto ciò che costituisce la vita, in ogni età, sensibilissima all’aspetto didattico, all’influenza della scuola.

Quanto a competenza didattica, a differenza della maggior parte degli psichiatri, io ero figlia d’arte: padre pedagogo, zia assistente di Maria Montessori. Cresciuta in mezzo al materiale montessoriano, ho il diploma per l’insegnamento montessoriano.

Nel 1976 apro il mio studio professionale, con me per molti anni hanno collaborato artisti, esperti di educazione corporea, oltre a insegnanti di varie specialità. Tutte attività che non sostituiscono la psicoterapia, me che vi si possono, talora devono affiancare, aprendo possibilità di conoscenza, di pensiero, anche di lavoro, a persone che di questi stimoli e incoraggiamenti hanno bisogno.

All’inizio nel mio grande studio c’era anche quello che oggi chiameremmo, ma con nome improprio, day hospital. Alcuni ragazzi psicotici infatti stavano tutto il pomeriggio o addirittura la giornata, impegnati in diverse attività, con persone capaci di interpretare gesti o parole significative, per aumentare la consapevolezza dei propri significati o semplicemente per trasmettere loro il concetto che tutto ha un significato.

Questi anni sono stati sereni, utili, di lavoro estremo ed entusiasta. Su tutto vigilava la mitica Tina, una signora di incredibile sensibilità che oltre ad occuparsi di fatturazioni ed appuntamenti vigilava senza perdersi un particolare su tutto ciò che succedeva nella varie stanze, eccettuata quella della psicoterapia.

Nel 1983 lo studio si trasferisce in Va Spiga, sopra al ristorante Alfio: con i camerieri facevo a gara a chi chiudeva più tardi alla sera.

Fu proprio lì che un giorno, stufa di vedermi portare bambini sospettati o diagnosticati di vari disturbi, da quelli di apprendimento a quelli di personalità, e che risultavano ad altissimo potenziale intellettivo, decisi di aprire una scuola per loro. Era a scuola infatti che si manifestavano i loro problemi.

Nacque così, nel 1984, la scuola “Emilio Trabucchi”, il nome del luminare di farmacologia che, poco prima di morire, mi aveva detto:”La farà, la farà grande, la farà bella”.

Dovetti chiuderla nel 1993, le spese erano troppo rispetto alle entrate e non volevo ridurne le attività e lo stile.

Ricordo l’atmosfera lieta e ordinata, le faccine dei bimbi, i sorrisi degli insegnanti.

Ricordo una bimba, ora scrittrice, che a quattro anni voleva a tutti i costi entrare nei gruppi di quelli che scrivevano e leggevano, e tanto insistette che ce la fece.

Contemporaneamente aprii la casa psicoterapica residenziale “I delfini”,a Vernate (Mi), modello Bettelheim. Enzo Romagnoli aveva dato cascina e capitale, io opera e conduzione. Abbiamo ospitato molti bambini e ragazzi fra i più gravi in Italia, con un metodo e una dedizione straordinari, miei e dei tanti educatori, oltre che del medico e delle persone del paese.

Purtroppo I Delfini furono osteggiati dalla società. Nel 1993 dovetti chiudere, non perché non funzionasse bene, ma perché gli ostacoli esterni erano insormontabili.

Ci rimase un grande dispiacere: avevamo promesso ai ragazzi una protezione fino a che fossero in grado di partecipare alla vita “normale” della gente, e li abbiamo involontariamente dovuti tradire.

Per me, fu una grande esperienza di come vanno le cose e le persone. Tra i pochi collaboratori rimasti fedeli fino alla fine, ricordo il dottor Primino Botta, medico illuminato di perenne disponibilità e grande competenza.

I media di allora, televisioni e giornali, avevano dato gradissimo rilevanza alla casa di psicoterapia e soprattutto, alla scuola. Parlare di iperdotazione intellettiva a quei tempi era piuttosto rivoluzionario. L’egualitarismo era sostituito alla pari opportunità, la massificazione era all’opera, nelle scuole come dovunque. Non era facile spiegare gli svantaggi e le ingiustizie collegate a voler dare a tutti gli stessi programmi, le stesse nozioni. Non era facile mostrare l’isolamento inevitabile degli allievi ad alto potenziale, l’incomprensione nociva da parte della maggioranza degli insegnanti, il danno psicologico e culturale che si andava facendo agli allievi più intelligenti. Di tutto questo scrivo esaurientemente nel libro edito dalla Erickson,“Altissimo potenziale intellettivo, strategie didattico-educative”. Mi impegnavo per divulgare la verità riguardante quel 3% di allievi con capacità estremamente superiori a quelle della media; volevo portare la consapevolezza della loro esistenza e delle loro caratteristiche nelle scuole, magari al Ministero.

Le mie collaborazioni, non soltanto in tema di psicologia ma anche di cultura, di costume e perfino di test divertenti erano tantissime: ho collaborato per decenni con quasi tutti i quotidiani nazionali e con molti periodici, italiani e ticinesi. E per la TV italiana, per le reti nazionali, per Mediaset, Antenna tre, Telenova, oltre che per la Radio e Televisione Svizzera.

La vastità degli argomenti di cui ho parlato mi ha aperto una visione allargata della cultura e delle realtà della vita, visione che, oltre ad ampliarmi conoscenze ed interessi, ha ampliato anche la mia comprensione dei pazienti. Comprensione che ancor oggi capisco non possa mai essere completa. Ma sufficiente ad essere loro utile, quasi sempre sì!

Mi chiedevano quale fosse lo scopo finale del mio lavoro. Era ed è aumentare i gradi di libertà e le possibilità di gioia.

A proposito di gioia, nel periodo in cui si divulgava l’esistenza della depressione e si esaltava l’effetto di alcuni farmaci, ho organizzato un convegno su educazione alla gioia, consapevole dell’educazione alla depressione che da molto molto tempo ci viene ammannita soprattutto dai media.

Alla chiusura della scuola ho, su sollecitazione di Jean Brunault, fondato l’associazione Eurotalent Italia, e sono divenuta vicepresidente dell’OING Eurotalent, carica che ho conservato fino alle mie dimissioni, nel 2017.

Ho partecipato per decenni alle riunioni del Consiglio di Europa, facendo parte delle commissioni “Cultura ed educazione”, per cui ho tenuto una relazione proprio sull’iperdotazione infantile, e la commissione “prevenzione e salute”, per cui ho tenuto una relazione sulla ricerca condotta su 250 bambini e ragazzi iperdotati: “Correlazione fra ansia e depressione e iperdotazione”. Ho esposto relazioni, oltre che ad alcuni convegni internazionali (ricordo Barcellona e Toronto) di “World Council for Gifted and Talented Children”, alla Conferenza di Oslo sui diritti dell’uomo 2010 testi della conferenza (Impossibile far dire “diritti della persona”, ci ho provato…) con una relazione su “Droits de l’Homme en faveur de l’Egalité des Chances pour tous les Enfants en matière d’Education”.

Le mie dimissioni da Eurotalent: purtroppo, il geniale e generoso fondatore Jean, affrontava da tanti anni una malattia invalidante e progressiva. Non riusciva più a parlare e le sue energie stavano esaurendosi, e con esse l’impronta all’associazione. Contemporaneamente alle sue dimissioni, ho fondato l’OING Human Ingenium, che si affianca a Eurotalent Italia ed è dedicata anche ai talenti degli adulti e a quelli non misurabili. Questo in risposta alla (mal)diffusione dei test di valutazione e del conseguente Q.I. L’argomento che anni prima era impensabile, oggi si è sconsideratamente diffuso. È quindi necessario ricordare che il Q.I. non è esaustivo della complessa e in gran parte ignota realtà dell’intelligenza umana. Oltre al fatto che non tutti coloro che lo misurano lo sanno fare bene! Bisogna anche ricordare che i bambini non compresi, quelli cui sto. Inibite le possibilità di sviluppare i loro doni, spesso divengono adulti insoddisfatti. Per questi motivi intendo divulgare sia il riconoscimento di doni anche nei adulti, con la consapevolezza che anche iniziando a esprimere e studiare “tardi” , a 40 come a 60-70 ani, si possono ottenere risultati di valore. Per ciò che richiede una tecnica, non si avrà perizia pari a quella di chi ha iniziato fin da piccolo, ma il prodotto potrà avere caratteristiche uniche, dovute all’esperienza di una vita, diversa da quella di chi ha sempre praticato un’arte.

A questo sono stati dedicati gli ultimi due convegni (Milano, Vicenza Locandina)e la partecipazione a Bookcity 2018 locandina,dedicata a presentare l’edizione aggiornata di “Altissimo Potenziale Intellettivo, strategia didattico-educative dall’infanzia all’età adulta”.

In questo percorso, la mia professione principale è sempre quella di psicoterapeuta; la mia esperienza mi insegna che più si ampliano le conoscenze in ambiti artistici, sociologici, culturali, più si arricchiscono le possibilità di essere buoni psicoterapeuti.

A lato di queste attività, ho insegnato per alcuni anni Educazione al pensiero creativo alla SUPSI di Lugano, dove ho anche tenuto un corso suMotivi storici della attuale situazione anche psicologica delle donne, Psicologia dello sport all’università di Teramo (ma non è una mia specialità) Scrittura creativaalla facoltà di design di Bolzano (LUB) e a scienze della formazione all’Università di Bressanone.

Ho perso il conto dei seminari tenuti sull’iperdotazione intellettiva, fra cui ricordo, fra le scuole milanesi, Marcelline, Maria Consolatrice, Salesiani, Collegio Setti Carrano…).

Ho anche perso il conto dei convegni, fra cui con particolare piacere ricordo quelli della SIPPSS, la grande associazione di pediatri retta dal prof. Massa, che mi invita a parlare di diversi argomenti dal 2012. Ricordo anche il convegno AIRIPA, a Torino, del 2016, e gli immensi convegni biennali della casa editrice Erickson, a Rimini,con un’affluenza di pubblico degna di uno stadio.

Fra i convegno ideati da me – di cui anche ho perso il conto – ricordo il primo internazionale riguardante l’iperdotazione(Carisio, 1993)il “computer a molla” sul metodo montessoriano, “La magia nel quotidiano” (Parma-1997).

Con gran piacere nel 2017 ho parlato di arte sacra, a Vigo di Fassa. Accettare impegni diversi da quelli richiesti dalla mia professione vera è occasione preziosa di studio e di conoscenze impreviste. Ricordo “Italiani, ladini, romani:poesie e poeti, canzoni e cantanti”: un bel convegno che ho condotto e ideato al Centro Svizzero di Milano.

Un capitolo a parte riguarda la Casa Armena di Milano (HY DUN). Contattata per lo spettacolo ”L’andar dei popoli, il viaggio vissuto da alcuni popoli, interpretato dalle loro musiche” (Trailer su YouTube), non l’ho più lasciata.

Vi ho presentato alcuni spettacoli, fra cui “La storia del’’Armenia tratteggiata da musiche e poesie”, e il primo piccolo convegno sui talenti non misurabili. Ho pubblicato, e presentato a Bookcity 2019, “Frutti di sole frutti di re”, poesie dedicate all’Armenia scritte da me e tradotte in armeno da Ani Martirosyan, con una meravigliosa prefazione del console onorario Pietro Kuciukian. Poi è scattato il lockdown… L’Armenia è rappresentata nella ONG Human Ingenium.

Al teatro Martinetti (Garlasco) ho rappresentato “Note di gioia”, il percorso interiore verso la gioia (Trailer su YouTube)

A lato di queste attività, visto che i doni possono diventar talenti anche quando si è adulti e addirittura anziani, ho studiato la fisarmonica diatonica (sono al V anno della scuolaGlasbena Matiça, Trieste)e compongo musica. Un cd è recentemente stato prodotto da Classicaviva, dal titolo VAI QUI,lo stesso titolo dell’ultimo libro di poesie, edito da Kimerik.

Da poco è entrata nel mio studio una “Autoharp”, uno degli strumenti magici, fra le cui corde vive la storia dei popoli. È anche entrato lo studio del russo. Forse fra qualche anno riuscirò a dire qualche frase.

Ancora da Kimerik, è edito “Le catene delle stelle” (la psichiatria in versi).

Ho vinto alcuni premi di poesia (Lerici Peia Carpena opera prima, Abano, Il Carro delle Muse, Abano per medici scrittori, e altri che non ricordo, lontani nel tempo.

Le sorprese non sono finite: le aggiungerò mano a mano che arriveranno!

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