L’oscura selva della diagnosi mania
Un rimedio alla dabbenaggine è l’informazione accurata priva di pregiudizi. Ma per questa, ci vogliono umiltà ed impegno, merci rare.
Gli effetti della divulgazione medica, nata con l’ottimo scopo di rendere le persone consapevoli della prevenzione, delle malattie, delle cure, si è inquinata in internet, nel marketing, nel neuromarketing, nelle cosiddette marchette (articoli finanziati da aziende o altri), si è imbevuta parzialmente di giochi politici, divenendo una selva confusa in cui si attorcigliano insieme fakenews, pregiudizi, paure, speranze. L’assenza di spirito critico, di metodi per distinguere le notizie vere dalle false, l’assenza di cultura medica (che ovviamente hanno solo i medici e in particolare i medici specializzati in ciò di cui si parla o vaneggia), ha creato un attacco di panico collettivo, cui troppo spesso si reagisce con la fede. Non quella religiosa, ma la derivazione del bisogno di sicurezza che si concretizza in dabbenaggine.
Prendiamo lo spettro autistico. Spettro, il cui significato di raggio di attività sta tornando a quello derivato dal latino spectrum: fantasma, quindi assai inquietante. Pensiamo al disturbo di Asperger. Veniamo a sapere che Asperger erano Wolfgang Amadeus Mozart, Wittgenstein, Steve Jobs, Alfred Hitchcock, Newton, Einstein, Darwin erano Asperger (diagnosi postume). E recentemente Susanna Tamaro si è scoperta Asperger, deducendo che quindi non era colpa sua se aveva e creava difficoltà.
Sappiamo che una caratteristica comune agli Aspi sono diverse difficoltà di relazione (pare che i neuroni specchio siano in queste persone meno attivi, oppure meno numerosi, oppure meno stimolati: insomma che funzionino di meno dando così luogo a minor capacità di linguaggio sociale). Peccato che non aver voglia di stare con i propri simili, o aver bisogno di stare per un bel po’ soli siano, soprattutto in bambini e ragazzi, scambiati per sintomi, nella negazione al diritto di avere una personalità non omologata.
Quanto ai geniacci, uno dei motivi della postuma diagnosi è la loro concentrazione esclusiva o quasi su un interesse o una ricerca. Ma senza una simile concentrazione non si può certo arrivare a una profondissima cultura né a una scoperta o invenzione. Un’altra fonte diagnostica è la non comunicazione con la maggior parte delle persone. Visto che le persone ad altissimo potenziale intellettivo sono il 3% dei viventi, è ovvio che costoro comunichino con piacere prevalentemente con una parte di quel 3%! E assai meno con quel 97% profondamente diverso da loro.
Inoltre, molti, non Aspi, non amano essere interrotti: infatti vogliono e sanno concentrarsi. Suppongo che si trovino male nel flusso di stimoli rapidi frammentati e frammentanti che oggi giunge a interrompere qualunque azione o pensiero in corso.
Confondendo caratteristiche e momenti transitori della vita con sintomi, oggi si spargono a piene mani diagnosi di spettro autistico, oltre che di Asperger. Questo è nocivo ai bambini e ragazzi che si sentono anomali, e ai genitori e agli insegnanti, che trovano una giustificazione e quasi un destino il non comprendere i bambini e ragazzi. Alla radice di questo fenomeno è la tendenza della società – derivazione americana – a classificare una serie di personali e normali reazioni come prova positiva di un disturbo psichico. Preoccupante il diffondersi di diagnosi superficiali da parte di insegnanti, oppure tecnici di tecniche psicologiche, oppure psicologi inesperti dell’anima umana ma espertissimi in caselle. Preoccupante soprattutto per i bambini, in particolare per quelli molto intelligenti e/o creativi: in questi casi l’Aspergermania fa parte della dequalificazione che la società fa di coloro che teme. Ed ha come conseguenza una confusione fra Asperger veri e presunti che non fa bene a nessuno.
E nella Milano d’avanguardia è nato l’Aspi café, definito “luogo permanente di incontro riservato alle persone con Sindrome di Asperger, e a chi si riconosce in questo quadro”. Che strano, in questo caso si scavalca il concetto di inclusione su cui si fonda da tempo la nostra scuola. Valli a capire.